4 maggio 2024 – Il nuovo piano industriale di Acciaierie d’Italia punta a rilanciare la produzione a Taranto. Facendo ricorso a idrogeno e nucleare.
Nei giorni scorsi il governo Meloni ha presentato un finanziamento da 150 milioni di euro e il nuovo piano industriale di Acciaierie d’Italia, la società in amministrazione straordinaria che gestisce lo stabilimento dell’ex Ilva di Taranto. Il piano, da sottoporre alle autorità europee per ottenere lo sblocco di un prestito da 320 milioni, serve a impedire la chiusura del sito siderurgico e a rilanciarne la produzione, prevedendo un output di sei milioni di tonnellate di acciaio al 2026 attraverso gli attuali altiforni a carbone.
L’ex Ilva, però, non va solo rimessa sul mercato ma anche allineata agli obiettivi sul clima: è necessario dunque che l’attività siderurgica, classificata tra i processi ad alta intensità energetica e a difficile decarbonizzazione, riduca le sue emissioni di gas serra. Queste emissioni provengono dall’utilizzo del carbone sia come ingrediente per il coke (la materia prima per gli altiforni: si ottiene riscaldando il carbone) e sia come combustibile per la fusione del minerale ferroso. Oggi il settore dell’acciaio vale circa il 7% delle emissioni globali di CO2 – più del trasporto aereo e marittimo messi insieme – e si prevede che la domanda di questa lega crescerà del 20% entro il 2050, stimolata dalla costruzione di edifici e infrastrutture. Ma c’è acciaio anche nelle turbine eoliche e nei veicoli elettrici, dispositivi essenziali per la transizione ecologica.
Fonte: wired.it